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Un saggio virale sostiene che l’era di Bitcoin stia finendo mentre il capitale si sposta verso asset reali tokenizzati

Un saggio virale sostiene che l’era di Bitcoin stia finendo mentre il capitale si sposta verso asset reali tokenizzati

Un saggio long-form virale che circola su X sta accendendo un intenso dibattito nel settore crypto, sostenendo che il ruolo di Bitcoin come asset digitale di punta si stia indebolendo strutturalmente — non per il movimento di prezzo di breve periodo, ma perché lo scopo per cui è stato progettato è ormai in gran parte compiuto.

Il saggio, pubblicato dallo pseudonimo Pillage Capital, non descrive Bitcoin come la “forma finale del denaro”, bensì come uno strumento altamente specifico: un ariete decentralizzato costruito per costringere i governi ad accettare asset digitali al portatore. Con dollari, oro, titoli di Stato ed equity tokenizzati regolamentati che ora scalano a livello globale, l’autore sostiene che il monopolio di Bitcoin sia evaporato — lasciandolo a competere con infrastrutture regolamentate e user‑friendly che si adattano meglio a ciò che i consumatori vogliono realmente.

L’affermazione centrale di Pillage Capital è che Bitcoin sia emerso come risposta diretta ai precedenti fallimenti del denaro digitale, in particolare E-gold. Lanciato nel 1996, E-gold arrivò a milioni di conti e miliardi di transazioni prima di essere bruscamente schiacciato dalle autorità statunitensi. «Bussa a una porta, sequestra un server, incrimina una persona, ed è finita», scrive l’autore.

Il design di Bitcoin rovesciava quella superficie di attacco: nessun CEO, nessun server, nessuna sede centrale. Non è stato progettato per l’efficienza, ma per la sopravvivenza.

«Bitcoin era un’arma d’assedio», sostiene il saggio. «In tempo di guerra, un ariete è inestimabile. In tempo di pace, è un pesante, costoso soprammobile antico.»

Il primo movimento Bitcoin abbracciò quell’etica conflittuale. Fare onboarding a un amico sembrava sovversione politica. Ogni acquisto veniva inquadrato come una protesta contro banche, intermediari e gatekeeper. E mentre i regolatori mettevano pressione su fintech e banche, il sistema permissionless di Bitcoin divenne l’unico binario realmente praticabile per il trasferimento di valore digitale.

Vincere la guerra ha distrutto il trade

Secondo il saggio, la vulnerabilità più grande di Bitcoin è di aver avuto successo. Con le crypto ormai radicate nella politica statunitense, trilioni che fluiscono tramite stablecoin e i framework di tokenizzazione che ottengono il benestare regolatorio, il bisogno di un’infrastruttura resistente alla censura e a prova di governo si è ridotto.

«Ciò che proteggeva Bitcoin non era solo la decentralizzazione — era il monopolio», si legge. «Quando c’è un solo binario funzionante, puoi confondere il valore dell’asset con il valore del tubo.»

Ora ci sono molti tubi. Le stablecoin migrano liberamente tra le chain — da Bitcoin a Ethereum a Tron — dimostrando che agli utenti importa più dell’asset e dell’emittente che della blockchain stessa. Nel momento in cui sono esistiti più binari conformi, la posizione unica di Bitcoin ha iniziato a erodersi.

Secondo Pillage Capital, le banche si stanno preparando a consentire trasferimenti in USDT, il CME sta lanciando perpetual onshore e piattaforme come Coinbase si stanno trasformando in super‑app ibride brokeraggio–banca con equity, dollari e crypto sotto lo stesso tetto. Questi cambiamenti «dissolvono gli effetti di rete che un tempo proteggevano Bitcoin», avverte il saggio.

Il problema della UX non è mai scomparso

Il saggio offre una dura critica tecnica: Bitcoin — e, più in generale, la finanza puramente on‑chain — non ha mai risolto il problema dell’usabilità.

Anche quando Bitcoin ha raggiunto una scala da Stato-nazione, i wallet restano inaffidabili, il settlement può bloccarsi e la perdita irreversibile è comune. Errori da milioni di dollari, smart contract congelati e chiavi private perse sono ancora all’ordine del giorno.

«Il vero salto di qualità nella UX non è stata l’innovazione di protocollo», scrive Pillage Capital. «Sono stati i custodi centralizzati.»

Questo, sostiene il saggio, mina il presupposto ideologico di Bitcoin. Se gli utenti finiscono per dipendere dai custodi per sicurezza e recupero, il valore di una rete pienamente trustless si riduce.

Ritorni decrescenti e pressione strutturale alla vendita

L’autore sostiene anche che il “premio per il rischio regolatorio” che un tempo giustificava il possesso di Bitcoin sia crollato. Su un intero ciclo, Bitcoin ha sottoperformato il Nasdaq. Il rendimento da staking di Ethereum — un tempo presentato come driver di valore fondamentale — viene descritto come una «tassa diretta sulla performance».

Nel frattempo, i cambiamenti demografici tra gli early adopter creano una pressione di vendita persistente. Molti holder OG, ormai più anziani e con famiglia, liquidano regolarmente per spese di vita. I flussi in entrata negli ETF, sebbene costanti, sono piccole allocazioni da parte dei wealth manager — non capitale speculativo aggressivo in stile moonshot, capace di alimentare la prossima corsa parabolica.

«Ti sei preso un rischio regolatorio esistenziale e hai convissuto con hack e crolli, e la tua ricompensa è stata la sottoperformance», sostiene il saggio.

Il talento se ne va verso frontiere più eccitanti

L’attività degli sviluppatori in tutti gli ecosistemi crypto è scesa ai livelli del 2017, secondo i grafici citati nel saggio. Il codebase di Bitcoin, per design, è quasi impossibile da modificare. Gli ingegneri più ambiziosi, afferma l’autore, stanno migrando verso AI, robotica e aerospazio — settori con meno vincoli ideologici e maggiori potenziali di crescita.

«Se il trade è scarso, la UX è peggiore e il talento se ne va, la traiettoria futura non è difficile da vedere», scrive Pillage Capital.

Il futuro: asset reali tokenizzati, non “magic internet money”

Il saggio conclude che Bitcoin ha raggiunto la sua missione originaria rendendo politicamente impossibile bandire per sempre gli asset digitali al portatore. Ma, vinta quella battaglia, il capitale si sta riposizionando verso asset reali tokenizzati — oro tokenizzato, titoli di Stato tokenizzati, equity tokenizzate — piuttosto che asset digitali sostenuti unicamente dalla narrativa.

Perfino Tether, un tempo la «banca centrale non ufficiale delle crypto», ora detiene a quanto pare più oro che Bitcoin.

«Ora che la porta è aperta, possiamo smettere di adorare l’ariete», scrive l’autore.

Se Bitcoin diventerà irrilevante — o semplicemente maturerà in una sorta di oro digitale con minore volatilità e rendimenti più bassi — resta una questione aperta. Ma il saggio di Pillage Capital ha chiaramente toccato un nervo scoperto, innescando un raro momento di introspezione in un mercato costruito su ribellione, rischio e reinvenzione.

Disclaimer: Le informazioni fornite in questo articolo sono solo a scopo educativo e non devono essere considerate consulenza finanziaria o legale. Conduci sempre la tua ricerca o consulta un professionista prima di investire in criptovalute.
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